Le maschere della tradizione - prima parte
Arlecchino.
È forse la più nota delle maschere della Commedia dell'Arte la più famosa e popolare. Come Brighella, anche Arlecchino è di Bergamo ma della parte bassa della città. Diversamente dal suo compaesano, mostra scarso intelletto ed è sciocco, credulone. Facchino, truffaldino per natura e di nome, è sempre affamato, nel senso più completo della parola, poiché l'attore che lo incarnava sulle scene spesso ne condivideva le amarezze di una vita grama. Goffo e sempre gabbato è posto, a livello sociale, un gradino più basso del suo fedelissimo amico-nemico e compagno di avventure Brighella.
Il suo carattere è un insieme di astuzia, di coraggio e di poltroneria. E' il prototipo del servo furbo ed adulatore, sciocco, loquace, abile in ogni scherzo e raggiro alle spalle del padrone, in grado di conseguire risultati preclusi alla dignità degli altri personaggi della commedia dell'arte.
Il nome deriva probabilmente da Hellequin, diavolo comico nelle rappresentazioni medioevali francesi.
Il suo bizzarro vestito variopinto e di cento colori sarebbe dovuto al buon cuore dei suoi compagni: questi, in occasione del Carnevale, gli regalarono pezzi di stoffa dei loro abiti, affinchè anch'egli avesse un costume.
E' costituito da una giubba e pantaloni a toppe coloratissime ed irregolari, un berretto di feltro bianco col corredo di un pezzo di coda di coniglio o di volpe, una cintura da cui pende la spatola di legno, normalmente usata per mescolare la polenta, che è chiamata "batocio". Sul viso porta una mezza maschera nera dai tratti demoniaci e felini, qualche volta munita di sopracciglia ispide e mustacchi. Il naso è camuso; completa il tutto un vistoso bernoccolo sulla fronte.
Parla un bergamasco arcaico, contaminato da detti gergali anche di altri dialetti.
Arlecchino è una maschera acrobatica con una gestualità particolarmente complessa. Il suo modo di incedere è simile ad una vera e propria danza. Beffeggiato da tutti è, in verità, anche la maschera più contesa da varie nazioni.
Meneghino.
Caratteristica maschera, nata alla fine del Seicento.
Ha il tricorno marrone, la parrucca con codino, la giacca pure marrone filettata di rosso, i calzoni corti verdi e le calze bianche o a righe rosse e bianche o colorate.
Il nome è diminutivo di Domenico («Domeneghin»). Personifica il popolano milanese, con le sue virtù e con i suoi difetti.
È un servo facile ai motti aspri e taglienti e pronto alla risposta arguta. Meneghino ha dato il nome (e resta proverbiale) al "popolano" milanese, con tutte le caratteristiche, dalle più positive a quelle negative.
Gianduia.
Ha in testa il tricorno e la parrucca con codino. Veste un costume di panno color marrone bordato di rosso, con il panciotto giallo e le calze rosse.
È un galantuomo, cui piacciono il vino, l'allegria e l'arguzia paesana; è veramente il tipo del buon piemontese pieno di buon senso e di coraggio.
Giacometta è la sua fedele compagna.
Gianduia prima burattino e poi marionetta, originario dell'Astigiano, trasferito a Torino ne divenne il simbolo e impersonò la passione patriottica durante le guerre di indipendenza.