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Charlie Hebdo, un attacco contro la libertà di pensiero

Venerdì 09 Gennaio 2015
Stefania D'Elia

Devo essere sincera: prima di ieri mattina non avevo mai sentito parlare di Charlie Hebdo, e, sempre sinceramente, neanche dopo aver sentito la notizia al telegiornale avevo le idee molto più chiare: un giornale francese, che, a causa di alcune vignette ha fatto girare le scatole alle persone sbagliate. Ma perché?

Volendo essere poi sinceri fino in fondo, prima di esprimere qualsiasi parere, ho studiato in rete così ho scoperto dell'esistenza di questo giornale, e non è che mi faccia impazzire, io, sempre parlando sinceramente, non lo avrei mai letto. Non amo le cose dissacranti, e pur credendo fortemente nella forza dell'ironia credo che ci sia un certo limite di buongusto che non dovrebbe venir superato. Un conto è la libertà di stampa, un conto è essere volutamente offensivi. Partendo da questa premessa, ne devo fare un'altra altrettanto (se non più) importante: nessuno dovrebbe essere perseguito, ne tanto meno ucciso per le sue idee. Non ti piace qualcosa? Lo eviti. Non amo nemmeno i giornaletti basati sul gossip, infatti non li leggo.

Charly Hebdo è un giornale francese satirico e anticonformista, a detta dei suoi stessi fondatori "stupido e cattivo" (citando Wikipedia), e non è nuovo a censure o attentati. E' stato accusato di razzismo e antisemitismo, ma in realtà basta un rapido giro nella rete per capire che erano bel poche le realtà che non sono state prese di mira, negli anni, dai suoi fumettisti.

La cosa che mi fa più rabbia è che, anche in questo caso chi ne è uscita sconfitta è l'umanità, non è il popolo mussulmano, la nazione mussulmana (qualsiasi cosa sia), la religione mussulmana che ha colpito la libertà di pensiero dell'occidente. E' un gruppo di persone che ha agito in modo individuale, che non rappresenta Maometto, i suoi insegnamenti, ne tantomento chi professa e crede nella religione islamica.

Ho letto messaggi di odio verso gli stranieri, tutti, eppure sono sicura che di questa azione, la mia vicina di casa siriana, che ogni mattina porta i bambini a scuola e mi saluta sorridendo dalla finestra, non ne sapeva nulla. E nemmeno la mamma della compagna di classe di mia figlia che mi chiede sempre come stiamo. E neanche i genitori che portano i bambini alla scuola materna dove va anche Samuel, quelli con cui ci siamo scambiati gli auguri di Natale, anche se loro il Natale non lo festeggiano.

Troppo spesso si fa l'errore di pensare che extracomunitario e terrorista siano sinonimi e si dimentica che in realtà, la maggior parte delle persone ricerca la pace.

Ieri fuori da scuola ho visto stranieri con lo sguardo basso, come se fossero colpevoli di qualcosa, ma sono tanto colpevoli quanto lo possiamo essere noi se il nostro vicino non paga le bollette.

Provo tanta rabbia e tristezza per quello che è successo, ma non bisogna fare l'errore di dare colpe a chi colpe non ha.




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