Gabriella Poggiali: quando il lavoro nasce dalla volontà
Cambiare lavoro e reinventarsi non è mai facile, abbiamo raccolto qui i racconti di chi ci ha provato... e ci è riuscito. Speriamo che questi racconti siano di stimolo a chi ha voglia di lanciarsi ma non trova il coraggio per farlo. Oggi Gabriella Poggiali ci sacconta di lei e della sua storia lavorativa.
La mia storia lavorativa (che poi ognuno di noi vive mille storie...) è prima di tutto una storia di ambizione. Ma di ambizione strana, di quelle che chiedono la realizzazione professionale senza però essere disposte a pagarla con rinunce sul piano degli affetti o del mio stare bene. Certe cose mi vanno bene – tanti straordinari, lo studio continuo, l'incertezza – altre no, perché minerebbero la mia felicità: allontanarmi dai miei cari, o fare qualcosa magari redditizio ma che non mi piace.
E così, con questa confusione in testa fra quello che non mi basta, quello che invece mi sembra troppo gravoso, quello che prima non capivo di me stessa e quello che forse ancora non capisco, comincio a presentarmi e raccontare. Classe '78, fiorentina e orgogliosa di esserlo, una di quelle persone tanto tranquille all'apparenza quanto determinate.
Sono sempre stata una secchiona: e così ho fatto tutto il percorso di studi con un buon profitto e parecchie soddisfazioni. Da brava secchiona ho sempre adorato leggere. Di tutto: i classici, i gialli, ma soprattutto la saggistica (storia, sociologia, psicologia).
Durante l'università mi do' da fare per mantenermi agli studi. Niente di speciale: un po' di segretariato, reception di hotel, oltre al classico baby sitting. L'ho fatto prima di tutto per necessità, eppure tutti questi lavori e lavoretti sono stati una delle cose più importanti per la mia formazione perché mi hanno permesso di arrivare alla laurea ed essere qualcuno che sapeva già cosa voleva dire lavorare – cosa tutt'altro che scontata.
E infatti non ho avuto difficoltà a trovare lavoro come impiegata: una delle ditte dove avevo fatto una sostituzione temporanea è stata ben felice di prendermi. E ci sono stata ben quattro anni. Credo che per la mia famiglia io a quel punto fossi “a posto”. Per me no. Lì per lì pensavo mi bastasse, ma più andavo avanti e più mi rendevo conto che non era così. Avevo un posto sicuro e dignitoso ma senza possibilità di crescita, ed io volevo mettermi in gioco in modo più ambizioso.
Così ho cominciato a bazzicare i portali di annunci di lavoro e i siti delle società di selezione, e alla fine ho trovato un'azienda che cercava un junior da formare come responsabile di area. Con loro ho imparato cosa volesse dire fare sviluppo di mercato, gestire una flotta di autoveicoli (io, imbranatissima persino a guidare in città...), selezionare il personale e gestire un gruppo di lavoro, organizzare un evento promozionale.
Tutto questo è durato dal 2008 al 2011. Tempi di crisi, anche per l'azienda dove lavoravo, che ha retto nel complesso bene ma ha proceduto ad un'operazione di razionalizzazione delle sedi chiudendo gli uffici di Firenze e spostandomi a Roma.
Dopo qualche mese dal mio trasferimento, la seconda scelta che a qualcuno potrebbe sembrare un suicidio economico: dopo aver lasciato, nel 2008, un prezioso contratto a tempo indeterminato presso la prima azienda, nel 2011 ho così rifiutato un'offerta economicamente allettante per restare a Roma. Mi mancava il mio fidanzato (oggi ex, ma quella è un'altra storia), mi mancavano gli amici, mi mancava da morire Firenze.
Torno a casa e di nuovo mi metto a fare il giro delle agenzie interinali e di selezione. Ricordo ancora una ragazza di un'interinale che mi ha guardato con due occhi sbarrati come lampioni ("sei pazza?!?!?!" Sembrava dire) mentre raccontavo che, in periodo di piena crisi, avevo rifiutato ben due offerte a tempo indeterminato, una per ambizione e l'altra per la voglia di non allontanarmi dalle persone che amo.
Ma la fortuna aiuta gli audaci, si dice: dopo appena due mesi lavoravo come segretaria amministrativa e assistente di direzione in una piccola azienda dell'indotto dell'alta moda, per una sostituzione maternità. Un'esperienza molto positiva, anche per l'ottimo rapporto che si è venuto a creare con il mio capo (in questo ruolo avere un buon capo è mille volte più importante che in qualsiasi altro lavoro!).
Devo dire che in questa mia facilità a ritrovare lavoro hanno sempre contato molto due fattori. Primo, il vivere in un'area economicamente florida nonostante il calo degli ultimi anni. E poi le cosiddette “competenze trasversali”, lingue e informatica: parlo inglese, francese e spagnolo ed ho sempre avuto un buon feeling con il pc e il mondo che vi ruota intorno. E no, non ho fatto chissà cosa di esotico e costoso per avere queste competenze... ho semplicemente studiato tanto (facevo corsi di lingue anche mentre lavoravo, perché “non si sa mai”), sfruttato le occasioni offerte dall'università e cercato occasioni per praticare quanto imparato. Sono una secchiona, no?
E' in quell'anno passato nella sostituzione maternità che si è fatta strada l'idea di mettere su qualcosa di mio, qualcosa che potesse restarmi anche come esperienza e farmi crescere professionalmente in una direzione ben precisa.
Di fatto, mi ritrovavo con quasi una decina di anni di lavoro alle spalle, esperienze sparpagliate su due o tre settori diversi e su ruoli diversi. Ero una sorta di jolly capace di stare dietro un po' a tutto – dalle fatture all'agenda del capo, dalla ricerca di nuovi clienti alla gestione dei gruppi di lavoro, fino alle bolle di magazzino – ma senza essere realmente specializzata in nessuna di queste mansioni.
Quando si cerca lavoro la prima cosa che bisogna fare è ragionare sul proprio posizionamento di mercato: cosa so fare? Con chi posso competere in un processo di selezione? La mia risposta era: so fare di tutto, ma nulla in maniera abbastanza approfondita da permettermi di rivaleggiare con una figura specializzata. Ragionevolmente, avrei potuto tornare ad un ruolo impiegatizio simile a quello svolto agli inizi della mia carriera lavorativa (dignitoso, ma non volevo tornare indietro!). Oppure continuare a propormi come segretaria di direzione, un tipo di ruolo per il quale vengono spesso cercate delle figure “jolly” tipo me, ma che non ero sicura di volere in quel momento.
In compenso avevo maturato una visione dei processi aziendali decisamente superiore alla media. Un percorso di studi di economia, unito alle esperienze eterogenee, mi avevano dato un'occhio particolare, l'occhio del consulente. E così mi sono rimessa a studiare, per incollare i tanti pezzettini delle mie esperienze lavorative e personali e valorizzare quello che più mi piaceva fare.
Ah, non ve l'avevo detto: ho sempre adorato scrivere e fra i lavoretti giovanili c'era stata anche qualche collaborazione con testate giornalistiche locali.
E' così, dall'amore per la scrittura e tanta esperienza dentro le aziende, che sono approdata al webmarketing. Perché il web è prima di tutto parola scritta, persuasione, e – per le aziende – capacità di mettere in luce il meglio che possono offrire.
Ho seguito un corso serale intensivo di webmarketing ed ho trovato un insegnante davvero in gamba. Alla fine dell'anno di sostituzione maternità, alla “veneranda” età di 34 anni sono entrata nella sua agenzia di comunicazione web per una sorta di apprendistato, nella condizione di dover imparare di nuovo un mestiere ma con un'agenzia che mi ha dato modo di farlo. Gli sono davvero grata per questa possibilità. E poi, finito quel periodo, ho aperto finalmente partita IVA.
Ho integrato le mie competenze pregresse sull'informatica con quello che mi era necessario – basi di html, un po' di conoscenze di base sulla struttura tecnica che sostiene il world wide web – e mi sono specializzata nella gestione dell'advertising sul web e nel posizionamento dei siti.
Oggi, sono una di quelle figure che prendono per mano l'azienda e si preoccupa di valorizzarla agli occhi dei propri clienti e del grande pubblico di internet. Entro nel dettaglio della loro organizzazione, del loro posizionamento di mercato, dei loro obiettivi di vendita e in base a quelli costruisco la road map che serve a portarli verso i risultati.
Mi occupo molto anche di copy: anzi, è la mia passione principale e quando posso scrivere sono realmente felice. Scrivo testi per i siti web, articoli per blog, annunci per google adwords, newsletter, post per facebook e tutto quello che un'azienda può scrivere sul web - e anche fuori.
Lavoro molto, ovviamente, con chi sa disegnare: collaborando con ottimi grafici ottengo risultati che da sola non potrei mai offrire.
C'è una cosa che vorrei dire a chi sta pensando, in questo momento, di aprire partita iva: essere liberi professionisti significa gestire mille cose che non fanno parte del tuo lavoro in senso stretto. Gestire gli aspetti contabili, cercare clienti, organizzarsi il lavoro sono tutte cose non banali.
Come per fare una buona torta non basta seguire la ricetta ma serve un po' di “mano”, così sono proprio le cose apparentemente banali che spesso bloccano. Conosco ottimi tecnici che non riescono ad affermarsi perché gli mancano queste capacità, magari non sono bravi a gestire i flussi di cassa (se incassi 100 devi mettere da parte subito 50!) o non pensano a promuoversi anche e soprattutto quando le cose sembrano andare bene.
Per questo vedo la libera professione come una scelta migliore per chi si è fatto già un po' le ossa lavorando anche come dipendente che non per chi esce oggi dall'università o dalla scuola. In questo senso non è necessario che ci sia esperienza nel settore specifico, ma piuttosto ci deve essere un po' di capacità di promuoversi, stare a contatto con i clienti e di organizzarsi – quell'aver preso un po' “la mano” con il mondo del lavoro anche nei suoi aspetti apparentemente più banali.
Tornando a me, a due anni dall'inizio della mia avventura come freelance, credo sia ancora presto per tirare le somme. Da un punto di vista strettamente finanziario forse altre strade sarebbero state più soddisfacenti, ma se metto insieme tutti gli aspetti – economico, di soddisfazione personale, la libertà di lavorare da casa e gestirmi gli orari in autonomia – sono più che sicura di aver fatto la scelta giusta.
Non è detto che resti questa per sempre: magari potrei, in un futuro non lontano, capitalizzare l'esperienza fatta occupandomi della promozione di una grossa azienda. O magari aprire un'agenzia. O forse no. Per adesso, so che la mia vita mi ha regalato tante soddisfazioni che non avrei mai avuto se mi fossi fermata là dove sembrava più facile stare.
Il mio motto? "Un buon lavoro è una cosa che si fa con la testa, con il cuore e con tanta soddisfazione."
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