Boom dell'abbigliamento usato: vale 24 miliardi di dollari
Negli Stati Uniti il business dell’abbigliamento usato vale 24 miliardi di dollari, con la strabiliante prospettiva di raggiungere i 64 miliardi nei prossimi 10 anni. Sono dati reali emersi dalla ricerca realizzata da GlobalData, società specializzata nell’analisi del settore retail, e diffusi da Cnbc. Un vero e proprio boom in questo settore. Perché?
Una scelta sostenibile prima di tutto
La risposta è semplice: i vestiti di seconda mano non sono cercati solo da chi ha esigenze di risparmio, ma anche da una fascia di consumatori in forte crescita (i Millennials) che sceglie di vestirsi con capi di seconda mano a favore dell’ambiente e dell’ecosostenibilità, una necessità sentita da un pubblico sempre più grande.
Il settore dell’abbigliamento, infatti, è tra i più inquinanti al mondo: consuma un’incredibile quantità di risorse e genera miliardi di tonnellate di acque reflue ogni anno. Per combattere il grande problema dei rifiuti del settore della moda e promuovere il riciclo e il riuso dei capi di abbigliamento, quest'anno a New York è stata lanciata la campagna #WearNext che si svolge dal 4 marzo al 9 giugno.
La campagna fa parte dell’iniziativa Make fashion circular della Ellen MacArthur Foundation, tra le più importanti istituzioni per la promozione e lo sviluppo dell’economia circolare, e vede la partecipazione di marchi di moda, enti pubblici, collezionisti e aziende. L’obiettivo è dare nuova vita ai vecchi vestiti salvandoli dalla discarica di New York, che ogni anno viene invasa da oltre novanta milioni di chili di abiti.
L'usato supererà anche i marchi fast-fashion
La crescita dell’usato è così forte da creare preoccupazione in alcuni brand come Zara e H&M, che rischiano di venire superati dal business dell’usato. I dati della ricerca condotta da GlobalData sono impressionanti se si pensa che l’insieme dei marchi fast-fashion ha realizzato nel 2018 ricavi pari a 35 miliardi di dollari e nel 2028 non andrà oltre i 44 miliardi.
Fra 10 anni, afferma il report, nel guardaroba delle donne americane il 13% dei vestiti sarà di seconda mano, rispetto all’attuale 6%. A farne le spese non saranno solo Zara e H&M, ma anche marchi noti che si collocano in una fascia mediana di prezzo, come ad esempio Gap, che oggi rappresentano circa il 20% del guardaroba medio, e che scenderanno al 14%. Scenderà anche la percentuale di vestiti comprati nei grandi magazzini, che fra 10 anni non rappresenteranno più del 9% del guardaroba medio, contro l’attuale 14%.
“Se confrontato con l’andamento complessivo del mercato dell’abbigliamento, la crescita dell’usato si sta rivelando fenomenale, con i consumatori che trovano ciò che più li soddisfa non solo per varietà, qualità e prezzo, ma anche per la sostenibilità dell’acquisto”, dice Neil Sanders, direttore generale di GlobalData.
Oggi acquistare abiti usati non significa andare rovistando in posti più o meno scalcinati, perché la percezione che abbiamo dell’usato - finalmente - sta cambiando, anzi, è già cambiata: i mercatini si sono trasformati in veri e propri negozi, la qualità è diventata una priorità e l’usato è diventato sinonimo di prima scelta per una questione di intelligenza e non di semplice risparmio.