Radio usate: magia e restauro!
Mio nonno era un maestro di musica, e non di quelli improvvisati che per il semplice fatto di saper strimpellare uno strumento si fregiano di questo titolo. No, lui si era diplomato con il massimo dei voti all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e sapeva suonare meravigliosamente cinque strumenti, il suo preferito era il clarinetto.
E’ per questo che, nonostante le possibilità economiche non esattamente agiate, era innamorato di qualsiasi apparato producesse un suono, dai vecchi grammofoni al registratore (ve li ricordate, sì, quei cosi ingombranti con la bobina che si riavvolgeva con un rumore fastidioso, secondo soltanto allo stridere delle unghie sulla lavagna?) per poi arrivare alla sua vera passione: le radio antiche.
Ero piccolissima, non so dirvi esattamente quante ne possedesse. Quella che ricordo meglio era una radio di legno chiaro, dalla forma stondata e i profili marrone deciso, con il logo del cagnolino bianco con le orecchie nere che infilava curioso il musetto nel cono di un grammofono. Trascorse un sacco di ore ad aggiustarla, la sua adorata Voce del Padrone, quando la comprò non era esattamente al top della sua forma (parlo della radio, naturalmente). Eh sì, perché il mio melodioso nonno sarà stato anche un musicante strepitoso, ma aveva tre figli e per sbarcare il lunario faceva l’elettricista. Non si vive di solo Beethoven.
Io mi incantavo a vederlo trafficare con i fili elettrici, le sue mani - sia quelle da elettricista che quelle da diplomato al Santa Cecilia - sapevano sempre produrre musica. Sospetto che le acquistasse mezze scassate per il gusto di regalare loro una nuova vita, non tanto perché quelle funzionanti costassero di più. Ma questa, forse, è solo la poetica supposizione di una (ex) bimba affascinata dalle mani musicali di suo nonno.
Sono molti gli appassionati del genere che acquistano radio antiche anche se non funzionanti e si dedicano con calma e pazienza amorevole alla loro riparazione. Altri, invece, forse per inabilità o perché troppo impazienti di dedicarsi immediatamente all’ascolto, preferiscono acquistarle in modalità “gira la manopola e godi”. Meno poetico, meno emozionante, ma i gusti non si discutono mai. I modelli sono molteplici, quelli che mi piacciono di più sono le grandi radio incorporate nell’apposito mobile. Le trovo incredibilmente affascinanti, anche se nell’arredamento minimal di casa mia non ci starebbero granché bene. A pensarci bene, non ci starebbero e basta. Bisogna disporre di uno spazio sufficientemente capiente, non è che avanzino proprio a tutti un paio di metri quadri per piazzare una mastodontica Radiomarelli del 1931.
Perché le radio antiche sono così affascinanti? Forse perché rappresentano l’ultimo baluardo fra un modo di comunicare che richiedeva qualche sforzo di fantasia in più rispetto alla pappa pronta che ci regala la TV (una pappa in molti casi davvero indigesta o insipida, ma non divaghiamo…) o perché sono state testimoni e divulgatrici di importanti momenti storici, perché non erano semplici pezzi di arredamento da spolverare, ma squarciavano il muro della disinformazione coercitiva come nel caso della mitica Radio Londra, che permetteva di conoscere notizie che in Italia, chissà perché, nessuno si prendeva la briga di diffondere.
Oggi con un cinguettio sai persino cosa ha mangiato per colazione il Papa. Meraviglie della Rete, per carità, ma a mio modesto parere troppa poesia si è persa per strada.