Maschere del carnevale
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Maschere del carnevale, la loro storia

Mercoledì 26 Febbraio 2014
Francesca Tantalo

Quando si parla di maschere, le immagini più belle e forti vengono dalle splendide decorazioni e dagli sfavillanti colori delle maschere barocche di Venenzia.

Tra le maschere di Venezia, la Baùta è forse quella più conosciuta. Una maschera di origini remotissime, di cui si hanno tracce già dall’antichità ma molto in auge nel diciottesimo secolo, durante i festeggiamenti del Carnevale veneziano. E’ una delle più conosciute ed utilizzate, e può essere distinta in:

Come si è detto, l’abitudine di mascherarsi a Venezia non era limitata al periodo carnevalesco, e specialmente la baùta era spesso usata anche a teatro o nelle feste e veniva addirittura portata nella vita quotidiana, ad esempio per corteggiare o essere corteggiati in reciproco anonimato. La baùta è unisex e può essere portata indistintamente da uomini e da donne.

Il tabarro è un semplice mantello, generalmente di panno di colore scuro, che raddoppia sopra le spalle, decorato semplicemente, con frange e fiocco. Poiché è un mantello piuttosto ampio, poteva celare alla perfezione ogni tipo di arma e questo è uno dei motivi per cui venne indetto unn decreto che proibiva alle maschere di portare armi con sé. L’origine del tabarro è molto antica, era usato con diverse varianti già in epoca romana e medievale.

Una maschera ben più femminile era invece la Moretta, detta anche maschera muta, in quanto veniva tenuta sul viso tramite un piccolo bottone da reggere con la bocca. Originaria della Francia, si diffuse velocemente a Venezia per la sua leziosità: si trattava infatti di una piccola maschera ovale in velluto scuro, da portare con un cappellino ed indumenti raffinati.

Un’altra maschera classica e molto curiosa tra le maschere veneziane è la Gnaga, usata dagli uomini per impersonare figure femminili. Il tradizionale costume della Gnaga prevedeva abiti femminili e una maschera con le sembianze da gatta. Durante i festeggiamenti del Carnevale di Venezia, la maschera poteva essere completata da una cesta sotto braccio che solitamente conteneva un gattino.

I giovani patrizi veneziani, poi, idearono dei costumi che si distinguevano per le calze estremamente decorate e colorate tanto che si riunirono nelle cosiddette ‘compagnie della calza’. Calze di diverso colore distinguevano compagnie diverse. Le compagnie così formate avevano il compito di ideare ed allestire gli spettacoli e gli eventi del carnevale. Tra il 1487 e il 1565 erano attive ben 23 compagnie della calza.

Mascherarsi era sinonimo di libertà (dalle convenzioni, dalle maldicenze, dai vincoli sociali e gerarchici, dalle abitudini e dai pregiudizi) e i veneziani si mascheravano talmente volentieri che ne nacquero di ogni tipo, forma, dimensione e colore. Spesso si completavano con costumi raffinati, coloratissimi, fantasiosi e originali, tanto che le maschere veneziane divennero una vera e propria arte ed un commercio.

Ma le maschere passarono presto dalle strade ai teatri e divennero una cosa sola con il mondo della commedia teatrale. Nel XVII secolo talentuosi autori (basterà citarne solo uno, per capire di cosa stiamo parlando: Carlo Goldoni) allietarono i veneziani e i numerosi visitatori accorsi per il carnevale, con opere di teatro sempre più raffinate e complesse, dando origine alla commedia dell’arte. In queste commedie si riproduceva un divertimento semplice, basato su storie divertenti ma affatto trasgressive, in quanto Goldoni stesso disapprovava il carattere sfrenato dei festeggiamenti carnevaleschi. 

La commedia dell’arte e il carnevale si fusero e si distinsero, nacquero insieme e si svilupparono distintamente, le maschere e il teatro passarono dal carnevale allo spettacolo e alla rappresentazione teatrale.

I personaggi della commedia dell’arte presero forma dalle singole regioni d’Italia, trovando nei difetti e nelle virtù degli uomini la loro caratterizzazione, nei dialetti e negli accenti la loro personalità.

Caratteri comuni erano: i vecchi, i furbi, le damigelle, i servi, le servette, gli innamorati.

Fra i vecchi nominiamo Pantalone e il dottor Graziano.

I servi (gli zanni): Brighella, Arlecchino, Mezzettino, Truffaldino, Trivellino, Stoppino, Zaccagnino, Pedrolino, Frittellino, Coviello, Francatrippa, Scapino, Pulcinella e Tartaglia.

Le servette: Franceschina, Smeraldina, Pasquetta, Turchetta, Ricciolina, Diamantina, Corallina, Colombina, di solito parlavano in toscano.

E in toscano letterario parlavano gl'innamorati, le cui doti principali dovevano essere di eleganza e di leziosità: fra gli uomini Cinzio, Fabrizio, Flavio, Lelio; fra le donne Angelica, Ardelia, Aurelia, Flaminia, Lucinda, Lavinia e (dal nome dell'Andreini, la più gran virtuosa del Cinquecento) Isabella.

La bravura dell’attore si esprimeva nella mimica e nella gestualità del corpo, in quanto il viso generalmente era coperto da una maschera. Anche se non sempre: innamorati e innamorate, per esempio, hanno sempre recitato a viso scoperto. Ma di regola i comici usavano la maschera; fanno eccezione casi come quelli dei personaggi diabolici, a cui l’autore consigliava di toglierla durante le scene più significative laddove l’espressione del viso aveva una sua importanza comica. Le maschere in cuoio, di cui ci restano ancora modelli e campioni, furono da principio, specie per gli zanni (i servi come Pulcinella o Arlecchino) grottesche fino all'orrido e all'atroce, ritrovando il significato originario antico, demoniaco e soprannaturale; ma poi, divenendo meno mostruose, mirarono unicamente ad annullare la riconoscibilità dei varî attori, per ridurli tutti a un tipo uniforme.

All'elemento mimico si aggiungeva poi, importante specie nei riguardi della comicità, l'elemento acrobatico. La commedia dell'arte, spettacolo in buona parte visivo, addestrava i suoi artisti non solo nella ginnastica, per uno scopo evidente di scioltezza e di prestanza fisica, ma addirittura nell'acrobazia. Contorsioni e piroette, capitomboli e salti mortali erano il loro forte; e non dei soli uomini, ma anche nelle donne.

Spettacolo a tutto tondo, oltre alla recitazione, alla danza acrobatica e alla comicità, la commedia dell’arte era caratterizzata anche da musica e canzoni. Famosi sono gli strumenti di un celebre Scapino, recitato da un attore che si esibiva suonando il violino, la viola, il contrabbasso, la chitarra, il trombone, il mandolino, la tiorba, il liuto e altri strumenti ancora. Altri comici erano famosi nell'imitare strumenti musicali; oppure nelle canzonette onomatopeiche, dove si rifacevano le voci degli animali.




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