La Pasqua: una storia emozionante
“Oggi è un bellissimo giorno di primavera, si festeggia la vita, il ritorno del Dio dagli inferi, la sua sconfitta sulla morte ed insieme a sua Madre ne cantiamo le lodi. Decoriamo la casa con fiori e coniglietti. I bambini decorano le uova che verranno poi nascoste in casa o in giardino dentro a graziosi cestini di stagione. La mamma cuoce dei dolci tradizionali che, dopo quaranta giorni di astensione da certi cibi, finalmente possiamo mangiare. Tutta la famiglia indossa gli abiti della festa per recarsi al servizio religioso che celebra la resurrezione del Dio salvatore e il rinnovamento della vita”.
Questo che ho appena riportato è un brano che descrive la vita quotidiana di un’antica famiglia Babilonese in un giorno importante: la resurrezione del Dio Tammuz. Questa famiglia è vissuta 2000 anni prima della nascita di Cristo.
Una cosa molto simile a questa avrebbe potuto raccontarcela una famiglia frigia o una famiglia fenicia, o israelita o pagana o cristiana. Epoche diverse, luoghi diversi, stessi riti.
Ma da dove nascono? Qual è la loro origine?
In Babilonia la dea della primavera era chiamata Ishtar, nella Fenicia, divenne Astarte; in Grecia, Eostre (in greco Eos= alba), in Germania, Ostara (dalla parola Tedesca Ost: “east”, che è la direzione dell’alba): la dea Eostre o Easter (in inglese Easter= Pasqua), la dea della primavera, la Madre del Dio Sole è una dea con molti nomi; è la dea della fertilità, adorata in primavera al momento della rinascita della vita.
I pagani la identificano con Madre Terra, che in primavera sboccia in tutta la sua sfolgorante vitalità: è la festa della terra che torna alla vita dopo il buio e la “morte” vegetale dell’autunno e dell’inverno. Gli uccelli tornano dalla migrazione e depongono le uova, gli alberi ed i prati si coprono di fiori, i conigli figliano, gli agnelli pascolano felici nei prati rigogliosi, le case vengono aperte per permettere al sole di cambiare l’aria e disinfettare le stanze. Non c’è niente di religioso in tutto questo, è solo la vita che ci sorride, è solo la primavera.
E’ curioso però vedere come le varie tradizioni, le differenti religioni, nel corso dei secoli, abbiano inglobato questi semplici rituali di benedizione della terra e della tavola, della casa e della vita, in una ben più complessa impalcatura di celebrazioni, personaggi e storie.
Secondo John M. Robertson, (Christianity and Mythology, p. 395) «la concezione di un Dio Salvatore era del tutto normale nell’antico mondo pagano (…) una concezione di salvezza era alla base del concetto di divinità come Osiride, Attis, e Adone».
Così come era del tutto normale presso questi popoli osservare un periodo di penitenza di quaranta giorni prima della festività della resurrezione. Nonostante la Quaresima sia un rituale comunemente accettato dalla comunità cristiana, non troviamo traccia di questo nella Bibbia (John Landseer, Sabaean Researches, pp. 111, 112), ma ne troviamo in antichi rituali di altri popoli. Un periodo di quaranta giorni di astinenza era anticamente osservato in onore delle divinità pagane Osiride, Adone e Tammuz. Alexander Hislops, nel suo libro Le Due Babilonie, p. 104-105, dice questo riguardo all’origine della quaresima: «I quaranta giorni di astinenza della Quaresima sono una pratica derivante direttamente dagli adoratori della dea babilonese.(...) Tale periodo di Quaresima di quaranta giorni era tenuto in primavera dai pagani Messicani ed in Egitto».
Dunque la Pasqua e la Quaresima affondano le proprie radici in tradizioni lontanissime di popoli antichissimi. E i conigli e le uova?
La lepre era simbolo della fertilità nell’antico Egitto e lo ritroviamo più tardi in tutta Europa (la dea germanica Eostre veniva rappresentata con la testa di lepre). Oggi il suo posto è stato preso dal coniglio di Pasqua. Ma lo stesso può dirsi delle uova: uova venivano appese nei templi egiziani, presso i greci, i cinesi e i persiani l’uovo era il dono che veniva scambiato in occasione delle feste primaverili, quale simbolo della fertilità e dell’eterno ritorno della vita, gli antichi romani usavano seppellire un uovo dipinto di rosso nei loro campi, per propiziarsi un buon raccolto... Insomma l’uovo, simbolo della vita per eccellenza (pensiamo all’uovo cosmico, origine del mondo) è associato a questa festività per il suo significato più profondo e proviene anch’esso dal mondo antico.
Una storia a sé ha invece il simbolo dell’agnello il quale si riconduce, probabilmente, alla festa pastorale che veniva praticata nel Vicino Oriente dai popoli nomadi per ringraziare Dio per le greggi. Questi popoli festeggiavano l’arrivo degli agnelli, in primavera, che avrebbero garantito la continuità del loro allevamento e quindi della loro vita, del loro sostentamento: l’agnello come simbolo della vita ha probabilmente origine da qui.
Ma l’agnello ha anche un altro significato, legato al sacrificio e all’innocenza dei figli. Nel Vecchio Testamento infatti si narra che Dio avrebbe colpito con l’angelo della morte i primogeniti degli egiziani e che i primogeniti israeliti si sarebbero salvati solo se, istruiti da Mosè, i genitori avessero spruzzato sangue di agnello sugli stipiti delle loro porte (Esodo, 12). Ancora oggi la Pesach (Pasqua ebraica) si festeggia mangiando agnello e pane non lievitato (in ricordo degli Israeliti che, dovendo fuggire dall’Egitto non ebbero il tempo di far lievitare il pane); essa inizia con il plenilunio di marzo e dura per otto giorni. Prima dell’inizio della festività la casa viene pulita accuratamente per far sparire ogni traccia di lievito e questo ricorda moltissimo i riti di purificazione della casa che si osservano nella tradizione pagana e cristiana.
La Pasqua cristiana deriva da tutto questo.
Secondo la dottrina cristiana festeggiamo la Pasqua proprio nel periodo in cui i pagani festeggiano la primavera, in cui i popoli del medio oriente festeggiavano il ritorno alla vita della divinità del sole e in cui gli ebrei festeggiano la liberazione del popolo giudeo dalla schiavitù dell’Egitto.
Con il Cristianesimo la Pasqua ha perduto alcuni dei suoi significati originari ma ha mantenuto i simboli di vita, di salvezza, di purificazione e di passaggio.
È preceduta dalla quaresima, un periodo di penitenza di quaranta giorni che vanno dal mercoledì delle ceneri (ottenute bruciando gli olivi dell’anno precedente, a ricordo del fatto che siamo polvere e che polvere torneremo ad essere) al sabato santo. La domenica seguente (domenica delle palme) dà inizio alla settimana santa, durante la quale hanno luogo momenti liturgici ben precisi che culminano nella domenica di Pasqua in cui si festeggia la resurrezione del Redentore.
Perché la Pasqua non cade mai lo stesso giorno, come per il Natale?
Per i pagani il giorno della festa era l’equinozio di primavera, 21 marzo. La Pasqua ebraica si commemora dopo il plenilunio che segue l’equinozio di primavera. La datazione della Pasqua cristiana fu decisa dal Concilio di Nicea (325 d.C.): «Per quanto riguarda la Pasqua, i Padri decretarono (1) che tutti i cristiani dovevano osservarla nello stesso giorno, (2) che le usanze ebraiche non dovevano essere seguite, e (3) che la pratica dell’Occidente, dell’Egitto e delle altre Chiese dovevano rimanere in vigore, cioè, di celebrare la Pasqua nella domenica seguente, la prima luna piena dopo l'equinozio di primavera» (vol. 5, pag. 433).
Dunque, nella Chiesa cattolica, la data della Pasqua è compresa fra il 22 marzo ed il 25 aprile. Infatti se proprio il 21 marzo è di luna piena e questo giorno è sabato, sarà Pasqua il giorno dopo; se invece è domenica, sarà la domenica successiva. Se invece il plenilunio cade il 20 marzo, quindi prima dell’equinozio, quello successivo si verificherà il 18 aprile e se questo giorno fosse per caso una domenica bisognerebbe aspettare la domenica successiva, che sarà il 25 aprile.
Ecco dunque il perché di tale intervallo di tempo.
Ho voluto confrontare fra loro tradizioni di popoli tanto diversi (separati da tempo e culture) per far vedere come le differenze fra le popolazioni e le religioni, che sembrano tanto inconciliabili e distanti a volte, hanno in comune molto più di quanto non si pensi e, rispettando tutti senza distinzione, penso che sia importante sottolineare quanto hanno in comune e sul significato profondo di questi tratti comuni.
Sia che voi ascoltiate la parola di Gesù e crediate nella sua Resurrezione e viviate la primavera come la gloria di Dio o che osserviate il risveglio della natura e vi sentiate parte di questa rinascita vi auguro di accogliere questa festa con il suo significato più profondo che si trova nella gioia dei bambini (che sono la nostra primavera), nella purificazione del nostro essere, nel passaggio dalla morte spirituale ad una vita virtuosa e densa di significato.
Auguro dunque a tutti buona pasqua e buona rinascita.