Quando un piccolo gesto dice più di mille parole
Non amo la parola tolleranza, tolleranza mi fa pensare a qualcosa che si sopporta nonostante le avversità. "Tollero" (a malapela) i week end di pioggia quando mi sarebbe piaciuto uscire. "Tollero" la pubblicità alla televisione, tollero la fila alle poste, che chissà come la tua è sempre la più lenta. Ma "non tollero" le persone, perché tollerarle implica sentirsi superiori.
Mi piace molto di più la parola integrazione. Integrarsi è un passaggio di testimone, un valzer a due, uno smussare gli angoli per fare in modo che combacino al meglio. Mi piace integrarmi, mi piace l'idea di tendere la mano e afferrarne un altra, mi piace l'idea di formare una catena in cui dialogo e scambio sono la vera forza legante.
Un'amica musulmana mi ha insegnato qualcosa di più sull'integrazione e lo ha fatto in punta di piedi, in modo così sottile da farla sembrare una cosa del tutto normale.
Settimana scorsa sarei dovuta essere presente ad Experience 2015, l'annuale convention dei negozi di Baby Bazar e Mercatopoli, un evento a cui tengo molto, un po' perché lavorando da casa ogni occasione in cui posso sentirmi parte di qualcosa è vitale per me, un po' perché le cose da imparare imparare sono sempre tantissime... un po' perché diciamolo: è l'unica occasione che ho per sentirmi una persona e non la mamma di...
Ma come si fa a partecipare ad un evento di questa portata quando il tuo guardaroba contiene solo jeans e scarpe da ginnastica? Ho scritto un post, innocente, sui social, uno sfogo "insomma, ho bisogno di un vestito elegante", H. la mia vicina, la mia amica, mi ha chiesto spiegazioni e le ho raccontato con un certo timore (e se non capisce?) che sarei dovuta andare via per 2 giorni per lavoro, senza marito e figli. Avrei partecipato ad una festa e avevo bisogno di un vestito elegante che non avevo.
Mi ha detto di passare da lei, che avrebbe guardato se aveva qualcosa da prestarmi. Che ha un bellissimo vestito nero che può usare solo nelle feste in famiglia quando il velo non è obbligatorio. Sono stata da lei a provare vestiti, sono tornata a casa con un bellissimo tubino nero, corto sopra il ginocchio che mi faceva tanto sembrare Audrey Hepburn, forse anche no, ma a me piaceva tanto.
E mi sarebbe piaciuto sfoggiare il vestito e raccontare che mi era stato prestato da una vera amica, da una persona che nonostante le abissali differenze culturali, nonostante stessi per fare una cosa che lei non avrebbe mai preso neanche in considerazione non mi ha giudicato, ma mi ha aiutato, ma non ho potuto perché mi sono ammalata. Così oltre alla grossa sensazione di aver deluso tutti, ho perso anche l'occasione di poter mostrare cosa significa davvero essere amiche nonostante le differenze.
Ci sonio persone speciali nel mondo. Persone che con un semplice gesto possono insegnare qualcosa di più sul cosa significa essere solidali.
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