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Trumeau veneziano: storia di un mobile d'arte

Giovedì 24 Dicembre 2015
Alinda Negri

La ex strada statale 10, che attraversa la bassa pianura veronese, a Cerea prende il nome di via Mantova e rappresenta al meglio, con le sue "mostre" e i suoi laboratori, ciò che è stato ed è tutt'ora il vanto e il fattore del progresso economico e culturale della città: il mobile d'arte.

A partire dagli anni venti del secolo scorso, grazie all'intuito e alla passione di Giuseppe Merlin, capostipite dei mobilieri veronesi, si è sviluppata la produzione di mobili artistici ispirati agli arredi che trovavano felice dimora nei palazzi patrizi della Repubblica di Venezia.

Il trumeau veneziano è la migliore espressione di ciò che i maestri d'arte di Cerea e dei paesi limitrofi sanno fare con le loro mani e grazie ai loro saperi, acquisiti attraverso anni e anni di pratica a contatto con le varie essenze.

È il punto d'arrivo di una carriera passata in "bottega" con la pialla, la sega, lo scalpello, la carta vetrata, la polvere e la colla.

È un mobile che proviene dalla tradizione francese, come nella moda anche per l'arredamento la Francia è stata maestra: gli intarsi, i fregi, i tessuti, le maniglie fanno parte della tradizione dei grandi ebanisti francesi.

È un arredo a doppio corpo, composto da un cassettone su cui appoggia la vetrina solitamente a due ante, può essere laccato e impreziosito da dipinti, oppure lucidato.

Attizzano la fantasia le antine della vetrina, con gli specchi che riproducono l'immagine di un cavaliere e di una dama della Serenissima del '700, portano con sè gli odori delle botteghe artigiane per la lavorazione del vetro di Murano, i fuochi che ardono e l'andirivieni affannato del popolo veneziano.

Sta alla fantasia del maestro artigiano inserire, all'interno e all'esterno del mobile, celati da cornici e intagli, finti cassetti e segreti. È come un gioco scoprire che quello che sembra solamente un fregio in realtà nasconde un vano segreto.

Il trumeau è un mobile imponente, da solo arredava un salone e rappresentava la ricchezza e la solidità della famiglia, non mancava certamente nelle ville di campagna, numerose nella pianura veronese, dei grandi proprietari terrieri.

Certamente è stato il contatto con queste realtà che ha affinato il gusto e l'abilità dell'antesignano Giuseppe Merlin, come falegname probabilmente si occupava anche della manutenzione della casa padronale di qualche ricco possidente.

Ai nostri giorni non c'è più nessuno che si occupa della costruzione di un mobile così complesso ma, fino agli anni ottanta del secolo scorso, la realizzazione di un manufatto così importante rappresentava il culmine della carriera di un ebanista.

In certi casi la lavorazione si protraeva per anni, il tempo dedicato ad essa era sottratto al riposo o alla vita sociale e familiare: durante l'orario di lavoro il maestro d'arte si dedicava alla produzione commerciale, mentre la sera e nei giorni di festa si chiudeva nella sua bottega e, quasi in segreto, si dedicava al suo capolavoro.




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