Carnevale. Le maschere della tradizione - parte terza
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Le maschere della tradizione - parte terza

Martedì 04 Marzo 2014
Francesca Tantalo

Ecco la terza ed ultima parte del nostro viaggio alla scoperta delle maschere del carnevale.

Stenterello.

Maschera toscana della seconda metà del secolo XVIII; fu chiamato Stenterello per la figura esile, cresciuta a stento.

Il costume prevede: una specie di cappello a barchetta con parrucca e codino, giubba lunga di panno azzurro, panciotto giallo a piselli, calzoni corti e neri, una calza rossa e l'altra rigata di bianco-azzurro.

È un tipo ghiottone, scansafatiche, pavido, sciocco, perseguitato dai creditori e dalla sventura.

Dottor Balanzone.

Personaggio comico originario della "grassa e dotta" Bologna. Saccente, dottore soltanto di nome, a volte medico, altre notaio o avvocato, frutto sicuramente dell'invenzione goliardica che lo ha partorito sulle scene di qualche farsesca rappresentazione, trova in Bologna, città universitaria e di antiche tradizioni, la madrina ideale. Il dottore è, come tutti i bolognesi, una buona forchetta.

Quando viene chiamato in causa si trincera dietro il suo vano "latinorum", frammisto ad intercalari dialettali anche di altre città o di citazioni iperboliche non sempre azzeccate. Vano è qualsiasi tentativo di interromperlo quando parla.

Veste alla foggia dei dottori: un ampio abito nero con colletto bianco, spesso a gorgiera, e sulla testa una berretta da notaio o l'ampio cappello dei medici. Sul volto porta una mezza maschera nera che mette in risalto il naso carnoso e qualche ridicolo porro, caratteristica ampiamente sfruttata dai commediografi.

L'obesità è la sua caratteristica fìsica peculiare e la comicità gioca appunto sulla staticità e pesantezza del personaggio.

Questa maschera bolognese ha nomi differenti: dottor Balanzone, Balordo o Graziano. Secondo alcuni studiosi, quest'ultimo nome gli deriverebbe da quello dell'omonimo giurista medievale famoso per i suoi sproloqui.

Rugantino.

Maschera laziale il cui nome deriva dal verbo romanesco «ruga», cioè «protestare con arroganza» e ne designa chiaramente il tipo.

Il vestiario comprende cappello alto, tipo gendarme, giacca lunga orlata di giallo, panciotto e pantaloni rossi, scarpe con fibbia.

E' attaccabrighe, millantatore, poltrone e brutale; anche quando le busca conserva il suo carattere linguacciuto.

Pulcinella.

Maschera tipica del teatro popolare napoletano che nasce tra la metà e la fine del 1500. Il nome, di origine incerta, sembra derivi - secondo l'ipotesi più attendibile - dal napoletano "Puliciniello" (piccolo pulcino) e questo forse spiegherebbe il naso adunco, la voce chioccia e la deambulazione goffa e ondulante.

Il carattere del personaggio è composito: è indolente e malinconico, buono ma egoista, scansafatiche, mangiatore ed ubriacone, bastonato e bastonatore.

La sua tendenza ad abbandonarsi ad atteggiamenti spesso riprovevoli è comunque riscattata dall'indole di popolano che ha una semplice ed ottimistica visione della vita. Sa cantare dolcemente e prendere la vita con filosofia.

Tra i vari costumi assunti, tipico è quello bianco e la mezza maschera nera solcata di rughe, dal naso adunco; porta il cappello a pan di zucchero, il camiciotto ed ampi calzoni bianchi.

Famoso e conosciuto da tutti il detto: "il segreto di Pulcinella".

Scaramuccia.

Maschera di origine napoletana, ha per costume il berretto nero alla basca, la giubba corta cinturata con colletto alla Stuarda; sotto un'ampia casacca, calzoni a metà ginocchio, completati da lunghe calze.

È un tipo spaccone, ma, in realtà, vile e silenzioso, incassatore di botte e scansafatiche eccezionale.

Tartaglia.

Maschera della Commedia dell'Arte di origine napoletana. Prese il nome di Tartaglia dalla balbuzie che la distingueva.

Si prestò ad impersonare ora il servo astuto, ora il pedante, ora l'avvocato intrigante, ora lo speziale. E' una maschera spassosa e ridanciana e non riveste mai parti tristi o tragiche.




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